Via san Giuseppe


La casa di via San Giuseppe è quella che ricordo di più. Era quadrata e spaziosa, ordinata e pulita, con gli spazi delle camere ben tagliati. Non c’era dispersione, non c’erano cunicoli, rientranze, anfratti, luoghi dove potersi nascondere nei giochi di bambino. Tutto era lineare: entrata, tinello, un angolo cottura, poi due camere e una sala, un solo bagno in fondo al corridoio. Qui avevo una camera solo per me. No, non sarebbe stato più come prima, per tanti anni, quando uno slargo antistante al bagno ospitava l’ottomana che era anche il mio spazio gioco di giorno e poi la sera diventava il mio letto. Eravamo passati da portone a portone, dal civico 90 B al civico 90 A della stessa via. Mio padre era stato molto orgoglioso di questo, non avevamo dovuto fare alcun vero trasloco, non avevamo avuto esorbitanti costi per spostarci da un appartamento all’altro.

Nessun goal


All’altezza di Cogliate, quasi fuori del centro abitato, un pallone rimbalza sulla carreggiata, rallento istintivamengoalte – è come un segnale convenuto, un segno di allerta, un allarme, un grido – ma nessun bambino attraversa, nessuna mamma sgrida, nessuno farà goal: era il pallone calciato da un presagio.

 

 

Alle narici del significato


Eco caccola

Eco con le dita nel naso. E’ stato immortalato e l’Osservatore Romano non ha potuto fare a meno di far notare la caccola nasale di cui l’Umberto era in cerca. Come mai? Beh, così va il mondo. Eco nei giorni precedenti aveva sproloquiato addosso a Benedetto XVI accampando una propria presunta  superiorità in campo filosofico e teologico. Eppure è sempre stato noto come semiologo, più che come teologo. Quando il fotografo lo ha immortalato però non sembrava dissertare di trinità né cercare il “significato secondo” bensì l’unicità della caccola prima,e lui si è imbestialito.  L’articolo dell’Osservatore Romano, però, scritto da Silvia Guidi titola “Un fallimento di lusso”non si occupa principalmente di caccole bensì riporta la stroncatura avvenuta a ridosso della Fiera del libro di Francoforte da parte della stampa tedesca per la “irrimedialbile noiosità” dell’ultimo libro di Eco e aggiunge una foto a corredo. Diciamo che più che con l’articolo è con la foto che la stampa vaticana lo mette “all’indice”. Peccato, poveraccio. Ho quasi amato, o almeno stimato, Eco per tutta la giovinezza. All’università era per me “il” semiologo e dopo Roland Barthes, ritenevo, c’era solo lui, altro che Chomsky. Ho letto le postille a “Il nome della rosa” come lui indicava (“leggete le postille, non c’è bisogno di leggere il libro”) e mi sono vantato per anni di possedere la chiave dell’opera senza averla letta. Perchè per la “sua” semiologia questo è ciò che conta in un testo: il segno e il suo funzionamento, la logica che lo regge, la struttura che lo sostiene. La possibilità, alla fine, di guardare l’altro dall’alto in basso dicendo “tu hai letto io non ho avuto bisogno di leggere, posseggo la chiave del testo”. Poi mi sono reso conto negli anni di quanto questa visione sia sterile ma soprattutto di quanto Eco sappia frantumare le balle e, con ciò, di quale grande pericolo per la perpetrazione della specie egli rappresenti. Il mio amore per la vita perciò ha vinto e oggi resto grato alla passione che le Postille al nome della rosa hanno fatto nascere in me per lo studio e l’analisi del testo e del contesto, del significante e del significato, del simbolo  e della metafora, del paragone e dell’iperbole e per tutto ciò che è parola. Nonostante ciò, nel momento del suo dolore, non posso non dedicare a Umberto Eco alcuni versi da me composti e che, appositamente, rinonimo “Ode al trinariciuto”. Qui di seguito il testo de “La calcola molle” uno dei miei testi poi belli e profondi al quale prima o poi verrà tributato il meritato riconoscimento:

La calcola molle

La caccola molle m’assale improvvisa:
mi cola dal naso, rientra e rifugge
qual cerva ferita, ma ho sporche le dita
e smetter non posso, non posso lasciare infinita
un’opera ormai tanto ardita.
Ormai, come un’alba che sorger voleva ma il buio temeva,
la caccola molle rientra nell’alveo nasale e il dubbio m’assale:
davvero è non vista? Al mio fianco al semaforo infatti rideva sul tram un’autista.