La casa di via San Giuseppe è quella che ricordo di più. Era quadrata e spaziosa, ordinata e pulita, con gli spazi delle camere ben tagliati. Non c’era dispersione, non c’erano cunicoli, rientranze, anfratti, luoghi dove potersi nascondere nei giochi di bambino. Tutto era lineare: entrata, tinello, un angolo cottura, poi due camere e una sala, un solo bagno in fondo al corridoio. Qui avevo una camera solo per me. No, non sarebbe stato più come prima, per tanti anni, quando uno slargo antistante al bagno ospitava l’ottomana che era anche il mio spazio gioco di giorno e poi la sera diventava il mio letto. Eravamo passati da portone a portone, dal civico 90 B al civico 90 A della stessa via. Mio padre era stato molto orgoglioso di questo, non avevamo dovuto fare alcun vero trasloco, non avevamo avuto esorbitanti costi per spostarci da un appartamento all’altro.
Via san Giuseppe
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