E rieccoci. Dopo un’altra pausa eccoci qua di nuovo. La mia prolungata e forzata assenza mi fa capire che dovrò trovare il sistema di automatizzare il rinnovo del dominio, perché stavolta è stata più dura del solito riattivarlo e son rimasto davvero troppo a lungo sospeso in una sorta di limbo online che mi ha costretto a vagare come un vampiro senza cassa nei blog e nei social network altrui. E cos’è successo nel frattempo? Niente. Una beata fava. Se non che ho girato in giro per il web e girando ho visto aumentare, sui blog, su facebook, sui notiziari online più o meno autorevoli e conosciuti, l’odio travestito da discussione e notiziola, la menzogna travestita da trattazione e ricerca della verità. Nulla di che, ci son abituato e l’ho già detto altre volte, tutto come sempre. E’ stato così anche alcuni anni fa, quando il mio casuale esordio sui blog iniziò traumaticamente. A quel tempo, da innocente visitatore che gironzolava per la rete mi imbattei in una strana foto di Benedetto XVI: truccato e fotoritoccato con photoshop fino a farne l’immagine di un ricercato malmenato in una rissa. Reagii molto duramente a causa di quella foto, che ritenevo e ritengo assai offensiva, ed iniziai così una dura, lunga, notturna, estenuante ma vana battaglia dialettica col gestore del blog; il quale dapprima dialogò con me in una lunga discussione (che anzi coinvolse anche i suoi visitatori) poi si irrigidì, infine si stufò pure lui e giunse a censurarmi. Il nome del blog non lo rivelo, perché non sta bene, ma basti dire che venni avversato pesantemente per quella richiesta di eliminare un’offesa grave alla persona cui milioni e milioni di persone nel nostro paese e nel mondo guardano e si riferiscono quotidianamente. Quella volta comunque cedetti ma non cedetti. La vicenda modificò il mio approccio a questo strano mondo dell’online e fu praticamente proprio da lì che iniziai a interessarmi del web più approfonditamente e soprattutto a farlo non solo col taglio aziendale dettato dal mio lavoro di comunicatore ma anche e soprattutto con la curiosità e la passione dell’utente visitatore. Da allora, in questi anni ho potuto scoprire un sacco di cose interessanti navigando nella rete, per blog e social network (soprattutto mi ci sono pure divertito: ho discusso, riso, chiacchierato, conosciuto) e però ho constatato che molti sono animati da puro desiderio d’attaccare, ho scoperto che nel web trovi davvero quel che trovi nel mondo, e che il web non è lo specchio del mondo, non è uno spicchio di mondo. E’ il mondo. E’ la stessa gente. Solo che qui son tutti spesso un po’ più duri ed esasperati, con una determinazione a scagliarsi contro il prossimo che aumenta se quest’ultimo è credente e fa riferimento alla Chiesa e al Cristianesimo. Quindi ribadisco: niente di nuovo. A parte una sola cosa: la bufalite. E’ lo sport del lancio e rilancio di bufale online. Sì, questa novità in effetti c’è. Bufale contro ogni evidenza, signori, e per tutti i gusti: bufale che vengono lanciate e poi rimpallate. Si va dalla presunta affiliazione di Ratzinger nelle file naziste, alla pedofilia che sarebbe colpevolmente coperta dallo stesso Ratzinger dai tempi di quand’era cardinale, alla rete dei prelati e presunti conniventi di Ratzinger organizzati come associazione a delinquere. Si lavora così: con cose tutte dette falsamente o dette a metà e male. Si mistifica, si spacciano mezze verità, si offende e si attacca. Son bufale però che si distinguono facilmente: compaiono quasi simultaneamente nel giro di poche ore su blog personali e pagine dei social network; usano sempre le stesse parole, gli stessi argomenti, gli stessi toni. Mai nessuno che si stupisce, mai nessuno che si lascia mettere in discussione. Una noia, una barba. Nulla che non si potesse sapere già andando in giro per la strada. Bufale, cioè balle disumane, eppure cose tanto comuni che tutti noi umani le possiamo facilmente immaginare (o che neppure abbiamo bisogno di dover immaginare). Però che barba, che noia.
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Brigatisti, ma pur sempre buonisti
Nei giorni scorsi, come è noto, una lettera di minacce al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, al presidente della Camera Gianfranco Fini e al leader della Lega Umberto Bossi, è stata recapitata a opera di un gruppo eversivo presso la redazione del quotidiano Il Riformista. La missiva era corredata da un ultimatum: entro le 23.59 del 16 ottobre i tre rassegnino le dimissioni. Insomma “lasciate la politica e Berlusconi si consegni alla giustizia comune perchè in quella comunista la sentenza sara’ inevitabile”. La lettera, spedita da Milano l’8 ottobre, giorno seguente la decisione della Corte costituzionale sul lodo Alfano, enfatizza il fatto che Berlusconi non abbia voluto dimettersi nonostante la sentenza. Colpisce che in una lettera firmata da brigatisti si ritrovi un commento che esprime coincidenza di visione con quanto detto da esponenti di partiti di opposizione e comunque, anche quando non detto, implicitamente suggerito o atteso dalla sinistra. La novità però sta a mio parere nel fatto che i mittenti, che pure si sentono pronti a una vera e propria rivoluzione armata che coinvolga il popolo come a Cuba, rassicurano sul fatto che non intendono ricorrere “a bombe o coinvolgere innocenti” . Si tratta insomma non delle Brigate Rosse ma delle Brigate Buone.
Luoghi comuni: il bar
L’altra mattina in un bar della Brianza, gestito da una signora antipaticissima, aspetto a lungo un caffè corto e mentre aspetto osservo: al mio fianco un extracomunitario di un metro e novanta, ultimo lavaggio non pervenuto, prende un cappuccino e beve un caffé superzuccherati, mangia due brioche, poi un succo di frutta e prima di uscire si comprerà un panino imbottito che infilerà in tasca. E’ vestito con roba da poco ma ha un suo stile che potremmo definire da neo fogna urbana: roba infilata in qualche modo ma che addosso sta giusta sul fisico di chi non ha bisogno di palestra; ha barba lunga, capello unto ed è scuro di pelle oltre che in volto, dentatura ben presente. Farà il muratore, il ladro o il fattorino? Chi può dirlo. Più in là, dalla porta alla sua destra, entrano due quarantenni con tascapane a tracolla stile gay pentito (né borsa né borsello) e sono bianchi in volto e pallidi di carnagione, pelle e faccia semicadente nonostante i quarant’anni non compiuti, perfettamente pettinati, scarpati, occhialati, camiciati, maglioncinati; ordinano un mocaccino e una mini brioche, poi mettono dietor e zucchero di canna nella mini bevanda e la minimangiano. Niente mascella, poco dente ma bianco, mani curate. Faranno i bancari, gli assicuratori o i gestori di sala scommesse? Abdul li guarda dall’alto con aria schifata. Se fossi stato armato avrei sparato nelle gambe a tutti e tre.