Terza puntata del resoconto di viaggio di Lucio Lao giunto a Pakse. Una breve nota a margine, questa volta: spero che la mia dichiarata omofobia non offenda nessuno e tantomeno Lucio Lao o qualcuno dei suoi amici. Si tratta di omofobia “politica” e non di sostanza. Buona eventuale lettura.
Arrivo alle 6.30 a Pakse con il bus della notte, tipo VIP con tutti i confort.
Prendo il bus di linea verso sud x le 4000 isole, qui sono l’unico turista e non mi dispiace. Anziche’ andare direttamente alle 4000 isole, tutto sommato decido di scendere al KM 30. Li c’e’ la deviazione per Champasak, e il Mekong da attraversare. Mi da un passaggio sul cassone un camion sgangherato, carico di mattoni (!!) e con tre bambini. Anche per loro, come in tanti altri casi, sono motivo di divertimento, sara’ per la pelata o essere un mezzo gigante… . Ho con me qualche scatola di pennarelli e matite, che gli do ed e’ una emozione vedere il loro stupore … . Per attraversare il Mekong c’e’ un servizio di chiatte rudimentali fatte con due scafi di legno con assi e tronchi. Salgono circa 4 macchine, il pilota poi gira di 90 gradi ed inizia la traversata, divertente. Dall’altra parte c’e’ il piccolo villaggio di Champasak. Da una parte il fiume, dall’altra i campi e poi un piccolo rilievo montuoso con ai piedi il sito archeologico del Wat Phu, prima capitale dell’impero khmer 800-900 dc circa, antecedente al piu’ famoso Angkor Wat in Cambogia. Mi sistemo in una pensione con veranda e amache sul fiume … doccia, lettura e relax chiaccherando con una coppia francese in bici, con Attila tedesco 40 enne di origine turca in giro da oltre 2 anni e una olandese diciottenne in viaggio da 8 mesi … . Nel pomeriggio prendo la bici per andare al Wat Phu. Faccio prima un giro nei campi di frumento (adesso le risaie sono secche) con i contadini con quel tipico cappello a cono schiacciato fatto con foglie di palma… non potevo mancarli … . Il WAt Phu e’ poca cosa ma carino, mi ricorda qualcosa gia’ visto in Messico anche se il posto non ha la magia di palenque. C’e’ anche un piccolo museo che ovviamente non tralascio. La bici ha bucato e i 10 km del ritorno sono una faticata, alleviata parzialmente dall’aggancio ad un motocoltivatore. Anche in questo caso molto divertimento per tutti. Mi fermano 2 giovani monaci, impossibile parlare con l’inglese all’osso, ma mi offrono da bere … il Laos continua a piacermi. I laotiani sono gente molto amichevole, salutano sempre (sabaidiii), ringraziano, non urlano, parlano che sembrano miagolii, e poi non puzzano. La serata sulla veranda tiro tardi in compagnia di tre ragazzi laotiani di Ventiane, bevendo laobeer (buona, forse l’unico prodotto nazionale conosciuto in asia), mostrando foto e ascoltando musica. Sono dotato di Ipod regalatomi da Irene, caricato con una compilation quasi tutta italiana da Roberto che ringrazio… anche Venditti in Laos puo’ piacere. Per quanto riguarda le informazioni piccanti richieste: il laos non e’ una meta di turismo sessuale, non ammesso dal regime che pero’ e’ tollerante verso i gay (entrambe le cose apprezzabili) l’oppio e’ coltivato al nord ma non ne ho mai sentito parlare nei posti visitati, in compenso in alcuni altri la mariuana e’ libera, ad esempio alle 4000 isole appunto… .