Negli anni del nazismo non ci sono stati solo i campi di sterminio. Eutanasia infantile (aborto fino al sesto, settimo, ottavo, nono mese va da sé…) su bambini malformati e ritardati mentali veniva esercita fino ad almeno i primi quattro anni di vita. Idea del baffetto? No idea di un mesto signore la cui vita era stata intristita e afflitta dalla nascita di un figlio deforme. Risultato della sua lettera scritta al Fuhrer, in cui chiedeva se si potesse sopprimere il figlio, fu non solo l’assenso ma l’introduzione di questa bella pratica in appositi istituti e la nascita di un comitato che aveva lo scopo di valutare se per i soggetti che lì venivano sottoposti “valesse o no la pena di vivere”. I cervelli dei soppressi (circa 60.000) sono stati conservati e utilizzati fino a pochi anni fa a scopo di ricerca. Roba passata? Peter Singer, filosofo e docente di Princeton oggi afferma queste cosette: “Se non c’è coscienza, autonomia e comprensione del futuro non c’è persona. I feti, i neonati e i menomati cerebrali non hanno diritto alla vita” e anche “Il neonato disabile deve essere ucciso prima possibile, perchè poi sviluppa un legame troppo forte fra la madre e il figlio”. Teh, va! Questa cosa mi fa dire che chi afferma oggi che l’eutanasia è a salvaguardia della persona ed è generata da un vero rispetto si muove proprio sul filo di un affilatissimo rasoio. Occhio al pelo…
Sul filo del rasoio
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